ATEZOLIZUMAB CON O SENZA RADIOTERAPIA PER IL CARCINOMA SQUAMOSO AVANZATO DEL PENE (STUDIO PERICLES): TRIAL DI FASE II

de Vries H.M. et al,  J.Clin.Oncol.2023; 41: 4872-4880

Il cancro del pene è un tumore raro, ma con una incidenza in aumento. Nel 2020 sono stati stimati nel mondo 36.000 nuovi casi e 13.000 decessi. Oltre il 95% di cancri al pene sono carcinomi squamocellulari. I fattori di rischio includono l’infezione da papilloma virus ad alto rischio, la fimosi e l’infiammazione cronica. Se il tumore è limitato al pene, il tasso di sopravvivenza a 10 anni è di circa il 90% mentre è di 21% a 2 anni dalla diagnosi in pazienti con malattia locoregionale (T4 o N3) o con metastasi a distanza. Piccoli studi di fase II hanno valutato regimi chemioterapici per la malattia avanzata, riportando tassi di risposta del 30% circa. I più alti tassi di risposta (circa 31%-60%) sono stati riportati con regimi di combinazione contenenti cisplatino come terapia di induzione per la malattia avanzata linfonodale (Pagliaro L.C. et al JCO 2018; 28: 3851-3857), ma con risposte di breve durata. A causa della mancanza di studi randomizzati prospettici, nessuno di questi regimi può essere considerato uno standard di cura per la malattia metastatica.  Conseguentemente, il trattamento della malattia avanzata varia molto tra i vari centri oncologici. Negli anni recenti, studi preclinici del microambiente del cancro del pene hanno evidenziato la presenza di infiltrati di cellule immunitarie e un’alta espressione di PD-L1, fornendo un razionale per esplorare una immunoterapia nel cancro del pene. La Radioterapia, usata per il controllo sintomatico, può indurre vari effetti immunogenetici sul microambiente tumorale, aumentando il rilascio di antigeni tumorali e quindi l’efficacia terapeutica del blocco PD-L1. In questo studio è stato valutato atezolizumab (anti-PD-L1) da solo o combinato con radioterapia in uno studio di fase II non randomizzato.

PAZIENTI E METODI

Questo studio di fase II non randomizzato è stato condotto in 32 pazienti con carcinoma squamoso avanzato del pene istologicamente confermato. La malattia avanzata era definita come presenza di metastasi a distanza oppure malattia avanzata locoregionale [T4, linfonodi palpabili con diametro > 3cm o fissi, e sospetto di estensione extranodale o interessamento linfonodale pelvico (N2/N3)]. Criteri di esclusione includevano qualsiasi precedente trattamento con anti-PD-1 o anti-PD-L1, storia di malattia autoimmune, metastasi cerebrali o malattia leptomeningea. Tutti i pazienti hanno ricevuto atezolizumab (1200 mg/IV/ogni 3 settimane) per un anno o fino a perdita del beneficio.

Nel gruppo A, i pazienti (=20) con malattia linfonodale locoregionale non pretrattati con radioterapia (RT) e per i quali era atteso un beneficio dalla RT per il controllo locoregionale della malattia, hanno ricevuto atezolizumab e RT concomitante (un ciclo completo di RT normofrazionata).

Nel gruppo B, i pazienti (=12) per i quali non era atteso un beneficio dalla RT (per esempio nel caso di metastasi a distanza) sono stati trattati con solo atezolizumab.

L’end point primario era la Sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 1 anno per tutta la coorte di pazienti (PFS= tempo intercorso tra l’inizio del trattamento e la progressione o decesso per qualsiasi causa), che doveva essere superiore al 15%.

Gli endpoint secondari comprendevano anche la fattibilità del trattamento con atezolizumab  da solo o associato a Radioterapia, il tasso di risposte obiettive (ORR), la sopravvivenza globale (OS)  e la tossicità. Sono state effettuate analisi esploratorie dei biomarcatori nei campioni istologici del tumore primitivo o delle metastasi pre-trattamento.

RISULTATI

La PFS  a 1 anno è stata del 12,5% (95% CI, 5-31,3) e non ha raggiunto l’endpoint primario dello studio.

In una analisi esploratoria condotta per coorte, la PFS a 1 anno è stata pari al 10% ( 90% CI 3,3-30,1; p=0,36) nella coorte A di 20 pazienti trattati con atezolizumab+RT e pari al 16,7% (90% CI 5,8-42,8; p<0,001) nella coorte B di 12 pazienti trattati con solo atezolizumab

Una aumentata PFS mediana è stata osservata in pazienti con tumori positivi a ceppi di HPV ad alto rischio (5,3 mesi nei tumori HPV+ vs 2,6 mesi nei tumori HPV- negativi; p=0,003) e in pazienti con alta infiltrazione intratumorale di cellule T CD3/CD8 (5,1 mesi vs 2,6 mesi; p=0,037).

In 30 dei 32 (93,8%) pazienti valutabili per la risposta, il tasso di risposte obiettive è stato del 16,7% (95% CI, 6-35) con 2 risposte complete (6,7%) e 3 risposte parziali (10%).

Ad un follow up mediano di 29,1 mesi, 25 pazienti sono deceduti e la OS mediana è stata pari a 11,3 mesi (95% CI, 5,5-18,7).

Relativamente alla tossicità, atezolizumab con o senza RT è risultato generalmente ben tollerato. Un evento avverso immuno-relato è stato riportato in 15 (75%) pazienti nella coorte A e in 5 (41,7%) della coorte B. Eventi avversi immuno-relati di grado 3-4 sono stati riportati in 2 pazienti della coorte A ( insufficienza renale acuta e aumento degli enzimi epatici) e in 1 paziente della coorte B (aumento degli enzimi epatici): tutti e tre questi pazienti hanno interrotto atezolizumab. Eventi avversi correlati a RT sono stati riportati in 18/20 pazienti trattati nella coorte A (90%): in 13 pazienti sono stati di grado 3-4 (65%).

CONCLUSIONI

Lo studio non ha raggiunto l’endpoint primario di PFS a 1 anno prefissato.

E’ stato riportato  come alcuni biomarcatori ( presenza di DNA- HPV ad alto rischio e l’infiltrazione intratumorale di cellule T CD3/CD8)  possono aiutare a selezionare meglio i pazienti che potrebbero beneficiare di questo trattamento.

 

COMMENTO

Questo studio clinico di fase II mono-istituzionale ha valutato la PFS a 1 anno di atezolizumab da solo o in combinazione con RT in 32 pazienti con carcinoma squamocellulare del pene avanzato e ha valutato alcuni biomarcatori.

 

Questo studio è risultato negativo perché non ha raggiunto l’endpoint primario.

 

Va tuttavia sottolineato come siano veramente poco numerosi gli studi clinici condotti in pazienti  con cancro de pene avanzato e come questo studio prospettico di fase II rappresenti il primo studio che ha valutato un chekpoint inhibitor in questo setting.

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